
Babele
Ottobre 6, 2020Stamattina, ultimo giorno di permanenza a Isimani, vengo a sapere che brada Felix va a Iringa e siccome non c’è nulla di impegnativo da fare, penso di andare con lui. Oddio, ci sarebbero da fare le valigie ma non è uno di quei lavori che non si possa fare al ritorno in mezz’ora. Pertanto, lo rintraccio e gli chiedo se mi posso accodare. Mi dice ovviamente di sì ma aggiunge, con mia sorpresa, che lui però va in autobus e non in macchina. “Va bene, perché no?”, gli dico.
Per cui andiamo in macchina fino a Lugolola, il grande villaggio vicino a Isimani, quello che dà sulla strada Iringa-Dodoma. E lì aspettiamo il dalla-dalla. No, veramente non è proprio un dalla-dalla quello che stiamo prendendo. È la via di mezzo tra quello e l’autobus grande, quello che fa i viaggi lunghi; una trentina di posti in tutto, strapuntini compresi. Nel lunotto posteriore spicca una grande foto di Papa Wojtyla e la scritta In this World we areall One! Il portabagagli sul tetto è stracolmo di ceste, scatole di cartone, sacchi e altro.
Appena do uno sguardo dentro il mezzo, mi accorgo che è già pieno, e non solo di persone, per cui penso che io e brada Felix non riusciremo a prendere posto. Invece mi dicono di salire e che i due posti ci sono. Boh! L’entrata del bus è pressoché ostruita da un’enorme cesta e altre masserizie. Si entra a fatica. Uno dei posti a nostra disposizione è proprio dietro la cesta ma è già mezzo occupato dalla stessa. Mi indicano l’altro ma non riesco a vederlo. Il ragazzo dell’autobus, lo steward, dice che devo prendere posto nel sedile posteriore, quello lungo, il più ambito nelle gite scolastiche. Guardo e vedo che ci sono già sedute quattro donne. Il giovane insiste che io vada dietro e infatti vedo due donne che cominciano a stringersi per farmi spazio. Supero tre persone sedute sugli strapuntini (mi ricordano i viaggi a Palermo in autobus, ai tempi dell’università) e raggiungo il mio posto. Ovviamente non c’è spazio a sufficienza, per cui mi accomodo solo sulla punta, solo le mie natiche (e non per intero) possono dire di essersi accomodate.
Non so, sarà la folla, la precarietà, il poco spazio ma appena mi siedo, a me comincia a mancare l’aria. Penso seriamente di scendere e di rinunciare al viaggio. Potrei tornare a Isimani a piedi, sono solo un paio di chilometri, invece comincio a regolare il respiro e tutto torna normale. C’è anche la musica che contribuisce a darmi una calmata, sono pezzi, intuisco, abbastanza romantici, tra i quali spicca la bellissima Kipepeo.
Si parte. Il tizio davanti a me ha la maglia del Milan (bene!), è seduto sullo strapuntino e partendo tira indietro lo schienale, per cui le mie gambe si incastrano, non senza dolore, tra lo schienale stesso e i sedili a destra e sinistra, appunto. Al penultimo posto del lungo sedile dove sono io, c’è una ragazza che dorme. Ha la faccia incastrata nell’incavo tra i due sedili davanti a lei e starà così fino a Iringa, quando, svegliandosi, mi accorgo, oltre al fatto che è molto graziosa, che la sua faccia ha preso la forma dell’incavo.
Un tizio in piedi comincia a parlare a voce alta e molto velocemente. Penso sia uno della “compagnia di trasporti”, ma spesso dice la parola sabuni (sapone); dopo un po’ realizzo che è un piazzista, venditore, appunto, di sapone. Infatti, tira fuori delle saponette inguardabili, piccoli parallelepipedi di un colore indecifrabile, tra il grigio e il marrone, avvolti in pellicola trasparente da alimenti e con una piccola etichetta stampata a computer. Lui continua a parlare velocemente e, evidentemente, a decantare le virtù del prodotto. Dopodiché mi si rivolge e, in un buon inglese molto veloce, mi dice di che si tratta. La saponetta, a detta del nostro uomo, ha proprietà benefiche sulla pelle; pare faccia bene per diverse malattie e in ogni caso è una specie di toccasana. Riprende lo swahili e con mia sorpresa riesce a piazzarne parecchi pezzi: la saponetta miracolosa va via come il pane! Mi chiede se la voglio, rispondo “No, thanks” ma dopo un po’ mi dico “Ma sì, alla fin fine…”. Mille scellini e l’ambita saponetta è mia. Verificherò in seguito che anche l’odore è discutibile ma da come l’ha presentata mi ricorda la Pomata Sballatrona del mio amico Celestino.Poi tira fuori dei barattoli di crema per la pelle e per i capelli ma tutti sembrano già conoscerla, per cui la vendita non ha molta fortuna. Mi dice che va bene anche per i miei capelli, soprattutto se ho la forfora ma io la forfora non ce l’ho, per mia fortuna, per cui il bravo imbonitore scende a Mkungugu e fa perdere le tracce.
Ripartiamo ma a Kising’a ci ferma la polizia. Lo steward scende, parlotta con loro, lontano dalla mia vista, in realtà, e dopo un po’ torna. Tutte le volte che l’autobus riparte si svolge sempre un rito, ovvero il pullman parte ma senza lo steward, il quale sale al volo dalla portiera rimasta aperta, un po’ come Starsky&Hutch.
Si fa strada, non c’è molto da segnalare. Tranne che a un certo punto il tizio davanti a me alza un braccio, per non so quale motivo. Ora, amico tanzaniano, io ti rispetto e ti voglio bene, hai pure la maglia del Milan, ma se alzi improvvisamente l’ascella, io rischio l’infarto per assunzione di odori non conformi alle norme CEE. Se sollevi l’ascella, amico tanzaniano, hai vinto tu, non c’è più partita, mi arrendo!
In prossimità di Iringa – oltre al fatto che verso l’aeroporto ci riferma la polizia – la gente comincia a scendere alle varie fermate. Per cui dopo un po’ arriva anche il nostro turno.
Al ritorno abbiamo preso un vero e proprio dalla-dalla, uno di quelli scassatissimi da massimo una quindicina di posti ma dentro il quale la gente vi si stipa a dozzine. Noi prendiamo l’Iringa-Igula. Quando saliamo noi ci sono solo poche persone. A terra è pieno di gente che vende cose. Uno, particolarmente insistente benché simpaticissimo, tenta di vendermi verdure assortite in unomfuko (sacchetto) trasparente. Dopo circa un quarto d’ora partiamo. Nel frattempo, il pullmino si è riempito di gente e di cose. E anche di odori misti, a volerlo dire. Però non si può dire che sia stato un cattivo viaggio per cui dopo un’oretta circa – ha fatto diverse fermate – arriviamo a Lugolola sani e salvi.
Alberto Todaro
Una trasferta a Iringa in dalla-dalla
può diventare un viaggio impegnativo